L’ASSEGNO POSTDATATO

L’emissione di un assegno postdatato (ovvero, di un assegno che riporta una data successiva a quella di effettiva emissione) è una prassi ancora comune.
Nei rapporti commerciali può accadere che, al momento della conclusione di un accordo per l’adempimento di un’obbligazione, di un accordo transattivo o di un piano di rientro, il debitore consegni al creditore, come garanzia del pagamento e con patto di non presentazione, uno o più assegni.
L’assegno è consegnato al creditore come garanzia del debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia, regolarmente alla scadenza, la propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore.
Spesso, l’assegno non reca la data oppure è postdatato; in quest’ultimo caso, viene inserita una data posteriore rispetto a quella di effettiva emissione per differire il momento della prestazione del pagamento.
In tal modo si utilizza l’assegno come strumento di garanzia e se ne modifica la funzione sua tipica, ossia quella solutoria.
La circostanza che si utilizzi questa modalità, non indica che si tratti di un comportamento lecito, né di un metodo corretto con la funzione di mezzo di pagamento che il nostro ordinamento attribuisce all’assegno bancario.
Per garantire il pagamento di un’obbligazione l’ordinamento, infatti, offre diversi strumenti come il contratto di fideiussione, la costituzione di una garanzia reale (l’ipoteca) o più semplicemente si può ricorrere all’uso della cambiale.
L’assegno consegnato in garanzia, infatti, “usurpa” le funzioni proprie della cambiale – che è lo strumento da utilizzare per un pagamento dilazionato – e sfugge alla relativa tassa sul bollo (Cass. 5069/2010), pertanto tale pratica presenta problematiche sia sotto il profilo civilistico che dal punto di vista fiscale.
La giurisprudenza, infatti, ha affermato che la postdatazione dell’assegno non determina la nullità del titolo bancario, che in sé è valido, ma solamente la nullità del patto di postdatazione, per contrarietà a norme imperative poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito (Cass. n. 10710/2016).
Inoltre, “il patto con cui due soggetti si accordano per il rilascio di un assegno bancario a scopo di garanzia è nullo, ma tale nullità non toglie che l’assegno valga comunque come promessa di pagamento, a norma dell’art. 1988 cod. civ., o come titolo pagabile a vista, e che possa essere portato all’incasso in qualsiasi momento dal creditore, implicando una presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente non fornisca la prova dell’inesistenza, dell’invalidità o dell’estinzione di tale rapporto.” (Cass. 10617/1990; Cass. 4368/1995, Cass. 1437/2021).
L’assegno bancario è disciplinato dal Regio Decreto del 21.12.1933, n. 1736, tuttora vigente. L’art. 1 prescrive, tra i dati che devono essere contenuti nell’assegno bancario, la data come un suo elemento indefettibile. Tant’è che l’art. 2 prevede che, qualora essa manchi, il titolo non può valere come assegno bancario.
Secondo la previsione dell’art. 31 del citato decreto, l’assegno bancario postdatato è pagabile nel giorno in cui è presentato per il pagamento, anche se la presentazione è anteriore alla data di emissione indicata sul titolo. Per poterlo presentare sarà però necessario assoggettarlo all’imposta di bollo prevista per le cambiali, pari al 12 per mille del suo valore facciale.Nel caso in cui il creditore non provveda alla regolarizzazione del titolo, la responsabilità
per evasione ricade, in solido, su tutti i soggetti che hanno concorso a formare il titolo e a metterlo in circolazione. A seguito dell’introduzione del D.L. 507/1999, infatti, non è più possibile configurarla come fattispecie di reato, trattandosi solo di un comportamento sanzionabile a norma del D.P.R. 642/1972 La posizione del debitore è quindi molto debole, non avendo la possibilità di impedire che il creditore possa presentare all’incasso l’assegno una volta che ne sia venuto in possesso.
Né potrà in alcun modo contestare la responsabilità del creditore che abbia posto all’incasso l’assegno prima della “data pattuita”, tenuto conto che per legge non sono validi gli accordi di presentazione di un assegno postdatato, essendo contrari alle norme imperative dell’ordinamento che conferiscono inderogabilmente all’assegno la natura di uno strumento di pagamento.
Ove il creditore dovesse presentare il titolo prima della data indicata sull’assegno e non vi siano i fondi sufficienti per la sua copertura, l’effetto sarà la levata del protesto per mancanza di fondi.
Si evidenzia, inoltre, che l’assegno postdatato, come l’assegno privo di data, non può costituire valido titolo esecutivo, dovendosi considerare con bollo irregolare, senza che abbia a tal fine rilievo la successiva eventuale regolarizzazione fiscale.
“Un assegno bancario non ha, sempre e comunque, l’efficacia di un titolo esecutivo: può averla solo se “regolarmente bollato sin dall’origine”: così stabilisce D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 642, art. 20, comma 1, (il cui comma 3 soggiunge che l’inefficacia dell’assegno come titolo esecutivo deve essere rilevata anche d’ufficio).
Come negozio giuridico, tuttavia, l’assegno postdatato costituisce una promessa di pagamento: e dunque assolve la medesima funzione del vaglia cambiario, di cui all’art. 100 R.D. 14.12.1933 n. 1669” (Cass. Ord. 30.11.2022 n. 35192).